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Teatropera“Dopo alcuni anni di esperimenti scenici, c’è da chiedersi su quali presupposti si sviluppi la ricerca del TeatrOpera di Maria Grazia Pani, cantante pensosa della propria professione, ma anche intensamente creativa. Si ha l’impressione che il proposito – più che la scomposizione del recitar cantando o la sua inventiva ricodificazione – sia un in prima battuta confronto con le ragioni prime del melodramma e uno sforzo di spostamento di accenti inventivo al loro interno al fine di presentarne rimodulazioni il più possibile inedite che riescano a parlare alla sensibilità teatrale di oggi.
In questo senso, TeatrOpera è un’invenzione aperta, ma, dopo tutto, ai primi del Seicento, il melodramma stesso è stato un’invenzione aperta.” di Franco Perrelli

Diario di un avventura teatrale

Quando nel 2000 la “Fondazione Niccolò Piccinni” di Bari mi commissionò uno spettacolo monografico dedicato al compositore barese, nel bicentenario dalla nascita, mi ponevo il problema della fruizione di una rappresentazione scenica settecentesca. Perciò ebbi l’idea di scrivere un testo teatrale in cui lo stesso Niccolò Piccinni, raccontasse la sua vita artistica e personale, attraverso la sua musica. Frutto di questa prima sperimentazione fu “Niccolò Piccini, l’amore e il sorriso di un barese europeo”, andato in scena a Bari, all’Auditorium Vallisa, il 10 marzo del 2000, con l’attore Giorgio Aldini nei panni di Niccolò Piccinni.

L’operazione ebbe molto successo, cosicché la “Fondazione Niccolò Piccinni”, in coproduzione con “Fasano musica”, ritenne di commissionarmi uno spettacolo su Giuseppe Verdi, per la celebrazione del centenario dalla morte.  Al Teatro “Niccolò Piccinni” di Bari, il 29 gennaio 2001 andò in scena “Viva Verdi!”, con il Patrocinio Nazionale del Comitato per  le Celebrazioni Verdiane. Il titolo dello spettacolo registrò il tutto esaurito, con un successo sia di pubblico che di critica, tanto che la Fondazione Piccinni mi commissionò una terza opera per l’anno successivo. Questa volta non si trattava di uno spettacolo monografico, ma del primo vero esperimento su un’opera lirica: “La Bohème” di Puccini.

Partendo dalle radici letterarie della “Scènes de la vie de bohème” di Henri Murger, e dal carteggio Puccini – Giacosa, immaginai la figura del figlio di Puccini che, nello studio del padre a Torre del Lago, rievocava gli anni della genesi de “La Bohème”. Dunque iniziava a prendere forma quello che io avrei definito in seguito TeatrOpera, ossia una modalità scenica creativa, che interviene sulla stessa struttura del melodramma.

Seguirono, commissionati dall’allora Teatro di Tradizione Petruzzelli, non ancora Ente Lirico, “La Traviata allo specchio” (2002), ispirata alla “Dama delle camelie” di Dumas, e “Otello il sinistro incanto” (2003), ossia una rilettura della tragedia scespiriana, nel suo dialettico confronto con l’Otello di G.Verdi – A.Boito.

Negli anni successivi ho voluto rendere omaggio ad altri autori, proseguendo la ricerca su questa proposta inconsueta di intreccio tra opera lirica, letteratura e storia.

Questa piccola, ma grande avventura teatrale è ancora aperta a nuove sfide. Dal mio punto di vista oggi l’opera del grande repertorio deve essere occasione di ricerca. Bisogna innervare di nuovi pensieri e di emozioni, nuove espressività sceniche, l’avvicinamento all’opera lirica di una fascia di pubblica solitamente estranea all’opera. Soltanto un avvicinamento, perché essa è inconquistabile nella sua complessità di spettacolo totale. Ecco allora la ricerca come percorso per cogliere il nascere della musica, delle sue radici.

«Bisogna cessare di studiare la musica come un soggetto particolare, ma deve diventare parte dello studiare il pensiero, il sentimento, il comportamento.»

M. Freedman –  “L’antropologia culturale”

TeatrOpera

Il progetto “TeatrOpera” nasce dalla necessità legata alla fruizione dell’opera lirica nella società contemporanea, e si sviluppa mantenendo intatto l’archetipo di teatro maturato alla fine del settecento, e che ha trovato poi nelle vicende dell’ottocento italiano un’identità distinta, riconosciuta universalmente dalla cultura.

Una riflessione storica che si riversa nel costrutto dell’oggetto artistico, e che influenza il processo di reinterpretazione e costruzione dell’opera. Questo confronto tra l’autore principale e l’interprete finale dell’opera, parte dal libretto e dalla partitura musicale. Dunque, si prende in esame la trama e il percorso storico letterario da cui ha avuto origine l’idea artistica dell’autore principale, e se ne crea una “parallela”, che si interseca e si sovrappone, a quella dell’opera originaria. La “trama parallela” è l’essenza del progetto di “TeatrOpera”, ossia la commistione tra il Teatro di Prosa e quello Lirico; infatti gli interventi in prosa sono affidati a personaggi-attori che interagiscono con i personaggi-cantanti, all’interno di un organismo unico.

Dell’Opera lirica viene mantenuta la struttura principale, che organizza la messinscena attraverso le arie, i duetti e gli insiemi. La stessa partitura musicale è soggetta ad un lavoro di trascrizioni per un organico strumentale ridotto, mantenendo inalterata la sostanza.

TeatrOpera, quindi, è una sintesi delle arti che si genera attraverso la simbiosi tra l’opera lirica, testo in prosa, danza, musica e colore scenico: un tutto che si fa suono unico. «Un uomo può comunicare i suoi sentimenti più profondi grazie ad un solo suono. E con questo suono egli colpisce l’anima dell’altro e la sconvolge ne profondo.» (Kandinskij)

Il teatro Lirico italiano è simile un grande mammut terrorizzato che il pubblico possa svanire. Cerca l’evento con inutili espedienti e fantasticherie registiche spesso fini a se stesse. Questo è causa di un dissennato aumento dei costi che rende proibitiva la realizzazione di stagioni liriche specie nel Mezzogiorno, limitando le occasioni per i giovani artisti, perdendo il pubblico reale, e costruendo l’opera come un oggetto museale. Dunque la questione è se credere nell’Opera Lirica, nella sua arte, se viverla e sulle ragioni del perché viverla. TeatrOpera vuole ricondurre lo spettatore a ritrovare la musica e il canto come elementi fondanti e semplici dell’opera, che in essi trova la sua unità ed ha il motivo unico del suo successo.

Tra gli obbiettivi c’è quello di abbattere i costi, e di realizzare operazioni accessibili, convinti che essenziali sono le idee, come insegna Peter Brook.

L’essenza del Teatro d’Opera sono i personaggi, i cantanti, la trama, la musica, mentre il resto è sovrastruttura, pesante, immobile, paludosa.

Maria Grazia Pani