Dopo la sconfortante notizia dell’ulteriore taglio da parte del governo al Fondo Unico per lo Spettacolo per il 2013 di ulteriori 20 milioni di euro, ci sentiamo tutti più poveri di cultura. In discesa quindi la quota Fus pro-capite per la popolazione residente in Italia e con evidenti sperequazioni tra le regioni. La cifra totale dello stanziamento è pari a 389,8 milioni per il 2013. Meno fondi quindi destinati a Fondazioni Liriche, Associazioni musicali, cinema e danza.
La parte del leone in Puglia la fa comunque la Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari (dove sono finiti i teatri di Bari?)
Tutti gli altri dovranno lottare con le unghie e con i denti, per spartirsi il poco rimasto. La musica è in crisi per moltissimi (ed è un affare per pochissimi); le Fondazioni Liriche sono in crisi, una crisi che dura da parecchio se negli ultimi 20 anni per sanare i bilanci, ci son voluti molti milioni di euro!
Ed intanto nel 2013 i Sovrintendenti hanno continuato a percepire stipendi da capogiro. Grazie alla legge sulla trasparenza e ai solleciti del Ministro Bray sono stati finalmente resi pubblici i compensi del 2013: al primo posto Stephane Lissner, alla Scala, con 817 mila euro; Bruno Cagli, alla Fondazione Santa Cecilia, con 330.000 euro ; Carlo Fuortes 230.000 come Amministratore Parco della Musica di Roma, più il compenso come Commissario del Petruzzelli di Bari (dove peraltro lascia la Fondazione con un buco di 2 milioni di euro); Rosanna Purchia, sovrintendente al San Carlo di Napoli , 151.700 all’anno seguono i 200 mila di Carapezza al Massimo di Palermo; e i 246.000 di Francesco Bianchi al Maggio Musicale. Questi lauti compensi sono spesso cumulati con altri incarichi, con benefit vari. (Ma per loro non c’è la spending review?).
L’apparato, complesso delle Fondazioni, si avvale inoltre dei Direttori Amministrativi, Direttori del marketing, Direttori musicali, Uffici Stampa eccetera, con compensi in linea con quelli dei rispettivi sovrintendenti.
L’assenza di regole precise in merito agli stipendi d’oro di chi gestisce i Teatri e la mancanza di un tetto massimo unificato per tutti, sono tra le cause del dissesto finanziario degli enti lirici con conseguenti tagli su salari e personale. I costi sono pesantemente aggravati dal gigantismo delle produzioni, in molti casi sproporzionate rispetto alle reali possibilità produttive e al bacino di utenza di utenza a cui sono destinate. E’ evidente che il Teatro alla Scala può permettersi costi di produzione assai più elevati rapportati al numero di repliche e ai numerosi sponsor privati.
Con la nuova legge n.112 dell’ottobre 2013, “Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo” il Ministro Bray ha introdotto una novità importante: sarà elargito un premio del 5% agli enti che chiuderanno il bilancio in pari.
Finalmente! La legge Bray auspica “maggior diffusione in ogni ambito territoriale degli spettacoli, il contenimento e la riduzione del costo dei fattori produttivi e la promozione dell’acquisto o condivisione dei beni e servizi comuni al settore.” L’unica possibilità per salvare le Fondazioni liriche e l’Opera Lirica in Italia è cambiare politica culturale. Se questo non avverrà i soldi non basteranno mai e sarà inutile continuare a buttare acqua nel secchio. Perché il secchio è (e resterà) bucato.